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Analisi dei costi e dei benefici, di Michel Venturelli

Via Merlina a Lugano e il quartiere del Chauderon a Losanna sembrano avere qualche punto in comune. In entrambi i quartieri gli esponenti della micro criminalità locale, principalmente dei richiedenti d’asilo, agiscono alla luce del sole. Quotidianamente gli abitanti di questi quartieri constatano a loro spese l’impotenza della polizia di fronte a scenari di criminalità diffusa. Che fare?

“Quanto mi costa?” e “quanto ci guadagno?” è una domanda che ci poniamo tutte le volte che dobbiamo prendere una decisione o fare una scelta. Dal punto di vista dello spacciatore di stupefacenti (in special modo quello di strada) tutto sembra indicare che i possibili benefici sono molto superiori ai rischi costituiti da un’eventuale azione penale. Con le conoscenze ed i mezzi attuali è molto difficile mettere a punto strategie utili e sufficienti a far desistere chi fornisce il mercato direttamente sulla strada. A queste persone non interessano le possibili ripercussioni quando considerano il possibile guadagno. Guadagno, e qui sta il nocciolo del discorso, che può essere conseguito con dei rischi – quello di essere presi dalla polizia – e dei costi – possibili sanzioni – molto limitati, se paragonati ai benefici conseguibili attraverso l’azione delittuosa.

Se è molto difficile intervenire in modo repressivo contro gli spacciatori, lo è a maggior ragione contro i consumatori; il rapporto consumatori/spacciatori, anche se impossibile da definire, è decisamente a favore dei primi. Anche nel mercato nero degli stupefacenti – come in ogni impresa economica destinata al reddito – ci sono necessariamente più clienti che venditori. Sperare quindi di ottenere un effetto dissuasivo con la sola repressione sul cliente è irrealistico; l’esercizio necessiterebbe l’impiego di risorse maggiori di quelle messe in campo oggi e che nessuna città o cantone sarebbe in grado di mantenere nel tempo.

E’ quindi bene che le forze repressive continuino a far pressione sul cliente, ma è poco razionale pensare che sia possibile ottenere un risultato socialmente accettabile – visibilità zero del fenomeno – con le sole forze repressive disponibili.

Di fronte a queste situazioni non ci sono soluzioni omologate.

Nella seconda metà del decennio scorso un gruppo di cittadini del quartiere di Besso agì contro una situazione analoga con un certo successo. Occupazione degli spazi e passeggiate di cittadini in mezzo agli spacciatori, accompagnate da un paio di azioni massicce da parte della polizia, permise agli abitanti di riprendersi il quartiere.

Di fronte agli scenari di criminalità diffusa sarebbe bene che le autorità si abituino all’idea di considerare misure che vadano al di là della semplice repressione e studino strategie che tengano conto delle risorse a disposizione.

 

 

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