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droga, quanto mi costi? di Michel Venturelli

“Quanto mi costa?” e “quanto ci guadagno?” è una domanda che, consciamente o inconsciamente, ci poniamo tutte le volte che dobbiamo prendere una decisione o fare una scelta.
Dal punto di vista dello spacciatore di stupefacenti, tutto sembra indicare che i possibili benefici sono molto superiori ai rischi costituiti da un’eventuale azione penale. Questo vale anche per quel che ne è dello spaccio da strada.
Con le conoscenze ed i mezzi attuali è impossibile studiare strategie utili a fare pressioni di tipo informale, sufficienti a far desistere chi fornisce il mercato direttamente sulla strada. A queste persone non interessa cosa la popolazione pensa di loro, quando considerano il possibile guadagno conseguibile anche adottando un comportamento stigmatizzato. Guadagno – lo ripetiamo perché qui sta il nocciolo del discorso – che può essere conseguito con dei rischi (quello di essere presi dalla polizia) e dei costi (possibili sanzioni) molto limitati , se paragonati ai benefici conseguibili attraverso l’azione delittuosa.
Resta il fatto che, pur tenendo conto di tutti i limiti dimostrati, le uniche azioni oggi possibili contro gli spacciatori sono quelle: coercitiva, repressiva e amministrativa. Misure che alla luce dei fatti non risultano sufficientemente efficaci per impedire in modo sistematico scene di spaccio diffuso, che inevitabilmente generano allarme sociale.
Se è molto difficile intervenire in modo repressivo contro gli spacciatori, lo è a maggior ragione contro i consumatori; il rapporto consumatori-spacciatori, anche se impossibile da definire, è decisamente a favore dei primi. Anche nel mercato nero degli stupefacenti – come in ogni impresa economica destinata al reddito – ci sono necessariamente più clienti che venditori. Sperare quindi di ottenere un effetto dissuasivo con la sola repressione sul cliente è irrealistico, perché l’esercizio necessiterebbe l’impiego di maggiori risorse di quelle messe in campo oggi. E’ quindi bene che le forze repressive continuino a far pressione sul cliente, ma è poco razionale pensare che sia possibile ottenere un risultato socialmente accettabile – visibilità zero del fenomeno – con le sole forze repressive disponibili.
Destinate ai consumatori, nel campo delle strategie convenzionali di contrasto al consumo, ci sono anche le campagne preventive. L’inconveniente è che comportano dei costi elevati e sono lunghe da mettere a punto; quindi difficili da utilizzare efficacemente nel caso in cui ci sia una certa urgenza d’intervento.
Nel caso del consumo di cocaina, questa strategia presenta un ulteriore inconveniente: oggi il fenomeno è trasversale alle classi sociali e coinvolge persone di quasi tutte le età, di conseguenza è difficile da calibrare per risultare efficace in modo generalizzato.
Anche questa strategia, come quella coercitiva, presenta quindi dei costi molto elevati per dei risultati considerati insufficienti dalla popolazione.
Pur essendo elementi irrinunciabili per raggiungere l’obiettivo della visibilità zero, i mezzi di contrasto classici hanno dei limiti tali che, neppure se combinati tra loro, riescono a generare risultati soddisfacenti o, comunque, non riescono a generare risultati soddisfacenti in tempi brevi e sul lungo periodo.

Restano da esplorare le strategie non convenzionali.

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