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RSI: un minuto di prevenzione, di Michel Venturelli

“… la criminalità è un fenomeno complesso, ha radici nel sociale, ha una dimensione non più locale, e non si può risolvere con una risposta semplice, unica, serve un’articolazione d’interventi. …” spiega il professore di criminologia Martin Killias dalle colonne del caffè di domenica scorsa. Il giorno dopo i redattori del magazine 60 minuti della RSI,  impermeabili al suggerimento dell’eminente criminologo, sul tema della sicurezza hanno esplorato la sola strategia ammessa in Ticino: quella del manganello.

Dalla scusa dell’informazione alla pratica dell’indottrinamento; su 60 minuti (estate), uno lo si è speso parlando di prevenzione. Per i restanti 59 non si discute! O meglio: si disserta di repressione.

Inspiegabilmente nessuno di quelli che stavano in studio – neppure il moderatore(!) – ha pensato di guardare il sistema repressivo nel suo insieme, e considerare anche solo per un attimo che con una magistratura in affanno e il sistema carcerario intasato è inutile arrestare di più. Il sistema giudiziario è come un imbuto; non serve riempirlo più di quanto possa evacuare. O qualcuno crede che si aumenterebbe la sicurezza arrestando gente che poi non si è in grado di fermare, processare e, se del caso, punire(?), riducendo così in poco tempo il ruolo del poliziotto a quello di un costoso spaventapasseri?

E parliamone delle risorse. Un rafforzamento adeguato della catena penale (logicamente in quest’ordine: carcere – magistratura – polizia) è oggi improponibile dal punto di vista economico; creare un posto carcere costa 1/2 milione di franchi e un poliziotto 130000 franchi annui. La repressione è un lusso che nuoce alla nostra sicurezza perché si mangia tutte le risorse; e questo è oggettivamente sbagliato.

“Si potrebbe però gestire meglio quanto abbiamo”, dicono alcuni; “… l’idea della polizia unica è sì un modo intelligente di affrontare l’offensiva criminale, ma ha senso se c’è effettivamente la volontà di marciare uniti, di sviluppare sinergie”, spiega il professore di criminologia al domenicale locarnese. Purtroppo però, di sinergie utili a sviluppare “un modo intelligente di affrontare l’offensiva criminale”, lunedì sera, se ne son viste poche; non stupisce quindi che chi pilota una ferrari non voglia affidarla a chi va a sbattere al volante di un’utilitaria che procede incerta nel traffico degli interessi che la circondano.

 

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