In Italia la criminologia clinica è una specializzazione che richiede almeno 7 anni di studio universitario (laurea quadriennale + 3 di specializzazione post-lauream) e che fino all’anno accademico 2002/2003 si poteva conseguire solo in alcune facoltà di Medicina e Chirurgia delle Università statali italiane (Milano, Genova, Modena e Bari); l’accesso a numero chiuso (10 ammessi per ateneo). Comportava il superamento di un concorso d’ammissione per esame (prova scritta e orale) e titoli, quindi il superamento di 22 esami di materie e la tesi di specializzazione.
Si accedeva al concorso con la laurea in Medicina, Lettere, Giurisprudenza, Filosofia, Sociologia e Psicologia.
La chiusura di queste scuole, dirette dai padri della criminologia in Italia (Canepa, Ponti, De Fazio, Luberto, Bandini, Gatti, ecc.), è una grande perdita per il patrimonio scientifico italiano. Purtroppo, si è preferito chiuderle anziché moltiplicarle, lasciando a chiunque la strada libera di inventarsi dal nulla (ossia, senza storia e senza passato) un corso di criminologia, col rischio di confondere l’improvvisazione culturale con l’esperienza storica.
Altro errore è l’assenza di un albo o Ordine professionale, sia in Italia sia in Europa, lasciando anche qui lo spazio a qualche ciarlatano d’inventarsene uno dal cilindro.
Inoltre, c’è una nebbia italiota che confonde e mischia le professionalità: mentre per opere d’ingegneria è chiaro a tutti che occorre servirsi dell’ingegnere, invece, per capire il crimine la parola viene richiesta allo psichiatra, psicologo, scrittore di libri gialli, educatore sociale, pedagogista, laureato fast-food, detective in erba, poliziotto in carriera, maestro speciale, mago, sensitivo, veggente, astrologo… Insomma, a tutti e nessuno, a tutti tranne che al criminologo clinico.
E’ del tutto evidente, invece, che se tutti siamo criminologi nessuno è criminologo. Come dovrebbe essere del tutto evidente che la laurea in architettura o il diploma di geometra o la qualifica di capo mastro o capo cantiere o muratore, non equivale a quella di ingegnere, sia pure nel rispetto di ciascuna di esse. Per questa ragione, per fare il ponte o il grattacielo ci vuole l’ingegnere.
La parola crimine rimanda a criminologo, ma per divenire tale occorre lo studio specialistico (quindi, impegno e sacrificio) non l’improvvisazione o il corso fast-food, con la laurea breve o con la sola tesi di criminologia, magari nel corso di laurea in scienze del fiore!
Non basta nemmeno la laurea in medicina o in giurisprudenza o in psicologia o in filosofia o in lettere per essere criminologi, magari avendo sostenuto un solo esame di criminologia o nessuno, per il semplice fatto che la laurea è il presupposto per accedere alla specializzazione, quindi è una condizione necessaria, ma insufficiente.
Ora, va bene che con la cultura italiota si telefona a casa del medico per la ricetta e se non c’è, la prescrive la moglie con diletto, ma almeno chi agisce come la moglie del medico abbi poi la compiacenza di non convincersi che è medico e di arrossire davanti ad un medico! E così varrebbe per i non criminologi che agiscono da specialisti criminologi. Ma è raro trovare il falso criminologo arrossire davanti al criminologo che ha studiato per essere tale, è più facile assistere alle sua recitazione teatrale, che lo porta ad orecchiare avventurandosi con in mano il destino degli altri (forse accusati ingiustamente di aver commesso un crimine e forse no), incurante dei danni che può provocare alla giustizia ed al malcapitato di turno.
Specialista in Criminologia clinica, direttore di Criminologia.it