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La famiglia che vorremmo, di Michel Venturelli

I fatti:

– L’evoluzione tecnologica odierna rende molto difficile il controllo parentale: messanger, telefonino, social network, ecc. sono elementi che permettono all’individuo – dunque anche al giovane – di eludere la sorveglianza informale di chi gli sta accanto.

– Nel nostro Paese (UFS, 2009) quasi il 15% della popolazione – circa una persona su sette – è a rischio di povertà. Fra i gruppi sociali più esposti ci sono gli appartenenti alle famiglie monoparentali (31,7%) e i minori da 0 a 17 anni (18,3%).

– Il nucleo famigliare è notevolmente cambiato e oggi un adolescente su sei (UFS, 2007) vive con un solo genitore; molti di più vivono in famiglie in cui i genitori (o chi per essi) sono spesso assenti perché lavorano entrambi.

In sintesi: per molti nuclei famigliari la situazione è quella dei genitori a tempo parziale con i figli a tempo pieno. Malgrado ciò, quando si parla di disagio giovanile si arriva spesso e volentieri alla medesima conclusione: tocca alle famiglie fare in modo che i pargoli righino dritto. Questo ragionamento lo si può sentire dai neofiti ma – e qui sta il dramma – anche dai politici che devono poi decidere ad esempio, se inserire nell’organigramma comunale la figura dell’operatore sociale di strada.

Tocca alle famiglie? A quali famiglie?,  vien da dire. A quelle che c’erano negli anni ’50 e ’60 e che ancora ci sono nell’immaginario di alcuni politici fuori dal tempo, oppure alle famiglie che non ci sono più, ma che si vorrebbero?

Il problema non è quello di trovare dei colpevoli, bensì delle soluzioni. Se non possiamo avere il meglio sarebbe saggio cercare il meno peggio. Se di mamma ce n’è una sola è evidente che in sua assenza dobbiamo trovare un surrogato che compensi le manchevolezze di una famiglia sempre più assente; sempre meno in grado di allevare, educare, controllare e forse anche di amare.

In conclusione: da anni la famiglia non è più in grado di esercitare il controllo che certi politici pretendono a gran voce dagli scranni di alcuni consigli comunali. Non è opinabile: è così!, e la ricerca di un colpevole non aiuterà a trovare una soluzione. Ignorare la situazione serve però a peggiorarla.

Con le risorse attuali, la figura che più è in grado di esercitare il controllo che spetterebbe alla famiglia – o di compensare quella parte di controllo che oggi la famiglia non sempre riesce ad esercitare – è quella dell’operatore sociale di strada. Non è la soluzione migliore; solo la meno peggiore. Soprattutto meno peggiore del nulla (che i consigli comunali di Giubiasco e Bellinzona ci propinano oggi).

Come dicono alcuni (inorriditi): una soluzione (imperfetta) da 1200000 franchi all’anno!

Resta da stabilire se questi soldi son costi o investimenti, considerando i danni, le inchieste, gli arresti, i processi, le carcerazioni e via discorrendo, che un valido operatore di strada potrebbe evitarci di pagare (mentre aspettiamo di prendere atto che la famiglia è cambiata).

 

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