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Diamo i numeri*, di Michel Venturelli

* “Diamo i numeri” è stato pubblicato da Il Caffè nel luglio di 9 anni fa. Lo riproponiamo qui sperando che non torni d’attualità fra 10 anni.

 

E così, a 6 mesi dalla sua entrata in vigore, la nuova legge sulla prostituzione non ha risposto alle aspettative delle autorità. Sulle 200 o 300 professioniste che attualmente esercitano sul territorio cantonale si sono annunciate solo 2 operatrici del sesso. Più del 99% delle prostitute ancor oggi lavora nell’illegalità.

Va sottolineato che se la normativa avesse risposto alle aspettative del governo le proporzioni raggiunte sarebbero comunque state modeste. Secondo le stime delle autorità stesse non sono più di 20 le prostitute che avrebbero potuto mettersi in regola con la legge. Meno del 10% del totale delle professionite che oggi esercitano sul territorio cantonale.

Sempre parlando di cifre, poco meno di un anno fa, la polizia sosteneva che circa il 2% delle ragazze era sfruttata da un magnaccia. All’epoca si recensivano circa 600 ragazze, 12 di loro (il 2% di 600) avevano uno sfruttatore.

Oggi la polizia dichiara che grazie alla nuova legge è possibile fare controlli più frequenti nei locali a luci rosse. Questo, sempre secondo la polizia, ha contribuito a diminuire il numero di sfruttatori provenienti dall’est europeo.

Se le oscillazioni del numero di prostitute registrato dalle autorità non influenza la percentuale di ragazze sfruttate, è lecito dedurne che il tasso di queste ultime è precipitato al di sotto del 2%.

Se i calcoli reggono le possibilità sono almeno due:

o il canton Ticino detiene un record invidiabile di prostitute libere da costrizioni e violenze psico-fisiche, oppure ci sono degli errori nelle cifre pubblicate dalle autorità.

Quel che è certo è che malgrado gli sforzi del governo molti bordelli “storici” hanno riaperto, mentre altri non sono mai stati chiusi.

Sembra quindi che in un’epoca di voragini legislative sempre più profonde la repressione pura e dura non sia sufficiente per ottenere risultati decenti. La risposta sociale al crimine organizzato, e a quello che si sta organizzando, dovrebbe organizzarsi pure lei cercando, in attesa del rimedio, di ridurre almeno il danno. Facendo cioè in modo che il tempo necessario ad attrezzarsi con gli strumenti legali adeguati non diventi un periodo dove tutto, ma proprio tutto, è permesso.

 

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