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Il prezzo della legge, di Michel Venturelli

E’ un’evidenza: la legalità deve presentare dei costi accettabili. Se i copertoni costassero  due stipendi i possessori di automobili economicamente più fragili utilizzerebbero i loro ben al di là di quanto la legge –  e il buon senso – consenta. E’ il risultato di una ricerca fatta in Olanda negli anni ’80 ( Killias Martin, Précis de criminologie, pag 455 e ss., ed. Staempfli & Cie SA Berne, 1991): essere in regola comporta dei costi e se questi ultimi sono spropositati è improbabile che la regola si generalizzi.

Una situazione dove il costo della legalità ostacolava l’applicazione della legge in Ticino lo abbiamo vissuto nel campo della prostituzione, quando il fisco tassava indistintamente e d’ufficio, tutte le prostitute per un imponibile di 70000.- all’anno. Non importava se una lavorava due mesi su dodici; se lavorava tanto o poco. Tutte le iscritte all’albo della polizia dovevano versare circa 1000.- al mese di tasse e altrettanti di oneri sociali. Uno sproposito, e un vero e proprio incitamento a prostituirsi ad opera dello Stato, per chi lavorava meno. Di conseguenza in quel periodo – eravamo prima del 2008 – molte ragazze dopo aver fatto tutte le pratiche per mettersi in regola, una volta scoperte le spese a cui andavano incontro, preferivano non ritirare i permessi di lavoro e rimanere nell’illegalità.

Dalla fine del 2008 una nuova prassi fiscale è entrata in vigore e da allora la tassazione non è più un ostacolo alla legalità. Il nuovo ostacolo consiste nel fatto che sulle oltre 600 donne che popolano i bordelli ticinesi, meno di 70 sono in regola con le leggi. La polizia non dispone dei mezzi necessari per effettuare i controlli e le irregolari corrono un rischio trascurabile di prendersi una multa. Oggi il rapporto regolari/irregolari è di 1 a 8.

Ne deduciamo che il costo non è il solo ostacolo alla legalità. Bisogna considerare anche la concreta possibilità di farla franca.

 

 

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