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Dibattito ad uso politico, di Paolo Bernasconi*

Criminalità e stranieri. Anche le stesse forze politiche che cavalcano il tema hanno in passato contribuito ad indebolire il Codice penale.

(da AZIONE, settimanale di Migros Ticino, 3.10.2011)

Criminalità in aumento? Stranieri delinquenti? Ecco due domande entrambe mal poste. Pertanto, tutte le possibili risposte arrischiano di essere sbagliate. Ancora più sbagliate sono le risposte interessate, ossia di coloro che leggono i fatti di cronaca e le statistiche col solo scopo di tirarne una conferma delle loro opinioni personali.

Ogni criminologo, ma anche ogni candidato alle elezioni, è in grado di scrivere due articoli dal risultato completamente diverso: il primo, dal quale risulta che la criminalità è in aumento e che gli stranieri ne sono responsabili ed il secondo che dimostra e comprova esattamente il contrario. Come Procuratore pubblico a Lugano ho dedicato una ventina d’anni, assieme ad altri magistrati, poliziotti e doganieri, a combattere la criminalità di svizzeri e di stranieri. Nei vent’anni successivi, come avvocato e insegnante, ho assistito professionalmente numerose vittime del fenomeno delinquenza, di cui continuo a studiare le componenti. Pertanto, mi sento un po’ chiamato in causa quando leggo i ragionamenti di coloro che trattano la sicurezza dei cittadini per andare a caccia di voti. Avendo appena dichiarato che dalle statistiche si può dimostrare tutto ed il contrario di tutto, rinuncio a citare statistiche, ma raccomando calorosamente a coloro che se ne interessano di leggere, fra le altre, quelle dell’ottimo Rapporto di attività del 2010 pubblicato dalla Polizia cantonale ticinese (www.polizia.ti.ch) ed anche quelle contenute nel recente rapporto dell’Istituto di criminologia dell’Università di Zurigo sotto la direzione del prof. Martin Killias. Ma c’è comunque una conclusione che è sempre sbagliata: quella secondo cui la criminalità in un determinato territorio è aumentata oppure è diminuita. Infatti, ogni territorio, con il passare degli anni, cambia. Il territorio del Mendrisiotto o di Ginevra di oggi non è comparabile con quello di cinque o di dieci anni or sono, per una serie di fattori, di cui alcuni evidenti ed altri sotterranei. Per esempio, sono stati disseminati sul territorio i bancomat e quindi, sul rovescio della medaglia di questa comodità per tutti i cittadini, consegue, purtroppo, la clonazione e l’abuso di carte di credito. Intanto però, sono praticamente scomparsi gli assegni e quindi, le migliaia di falsificazioni ed emissioni allo scoperto. Altro esempio: sono aumentati i flussi migratori, quelli dall’Est, dopo la caduta del muro Berlino, e quelli dall’Africa del Nord e sub-sahariana. Quindi è aumentato il numero delle persone che, indipendentemente dal loro passaporto, si dedicano al traffico dei clandestini. Intanto però, i famosi «buchi nella rete», oggi vengono sottoposti a stretta vigilanza mediante un sistema di telecamere approntato da parte delle Guardie svizzere di confine.

Ma anche la seconda domanda «stranieri delinquenti?» è mal posta, perché il vero criterio distintivo è quello fra «locali e foresti», ossia fra persone residenti stabilmente su un territorio e persone che sono esclusivamente di passaggio. È vero che i maggiori traffici di stupefacenti, le truffe colossali e la corruzione d’alto bordo sono localizzati piuttosto fuori dal territorio svizzero; ma è anche vero che il provento di questi gravi reati viene riciclato sul territorio svizzero grazie all’intervento dei «locali», con passaporto svizzero o straniero.

Ma sto schivando l’oliva: quello che preoccupa i cittadini, quando si parla di sicurezza, è la violenza. È vero che «i ladri non sono più quelli di una volta», nel senso che, purtroppo, le bande che imperversano anche nel Nord Italia, spesso aggiungono le botte ai derubati, oltre al disastro nella propria casa. Ma c’è una violenza più visibile: quella della criminalità giovanile «Picchio, dunque sono»; questa sembra essere la regola del bullismo diffuso anche tra i residenti in Svizzera, come di altri paesi, indipendentemente dal colore del passaporto. Auguro tanto successo alle campagne del genere fair play nello sport, che cercano di contrastare il bad play diffuso a piene mani, giorno e notte, da tutte le catene televisive, dai videogame e cinematografia e da quei media che anche in politica usano la terminologia dei bulli. Intanto, il Consiglio federale ha dovuto recentemente prevedere la polizia sui trasporti pubblici, con facoltà di essere armata. Confederazione, Cantoni e Comuni hanno lanciato a Berna un programma comune intitolato «I giovani e la violenza» con una disponibilità finanziaria di oltre 5 milioni. Una prima conferenza nazionale è prevista per la primavera dell’anno prossimo. Contro questa violenza, quella spicciola e quella organizzata, la misura a corto termine è quella della certezza della pena. La prevenzione della violenza passa non solo, ma anche, attraverso un sistema giudiziario equipaggiato in modo tale che magistrati e polizia possano intervenire rapidamente, ordinare l’arresto e punire i colpevoli in tempi brevi. Purtroppo le Camere federali, compresi i partiti politici della grancassa contro gli stranieri, hanno votato la revisione del Codice penale, introducendo addirittura la multa con la sospensione condizionale. Una barzelletta per tutti i colpevoli di reati. E ora le stesse Camere federali devono correre ai ripari, rattoppando questo madornale errore. Le stesse Camere federali hanno però anche approvato, sempre con il consenso dei partiti antistranieri, un Codice di procedura penale che soffoca il tempo di inchiesta di magistrati e polizia attraverso centinaia di obblighi burocratici che, d’altra parte, non hanno per niente migliorato la tutela del cittadino nel procedimento penale. Già parecchi magistrati hanno chiesto, a pochi mesi dell’entrata in vigore di questo Codice di procedura penale, di rivederne al più presto le principali storture. Ma dal Parlamento vengono anche buone notizie: all’inizio del 2012 entrerà in vigore anche per la Svizzera la Convenzione del Consiglio d’Europa contro l’abuso dell’informatica, diffuso, purtroppo, anche nel racket della pedofilia. Nella votazione delle Camere federali l’UDC ha votato contro, disapprovando che i dati necessari per permettere alle autorità straniere di intervenire immediatamente attraverso i provider per impedire la cancellazione di dati sensibili venissero trasmessi dalle autorità svizzere senza interpellare gli interessati.

Intanto, purtroppo, il crimine organizzato si è ormai impiantato stabilmente al confine, come dimostrano aspri processi celebrati a Milano e dintorni contro l’infiltrazione della mafia, e persino dell’ecomafia, nell’economia legale italiana. Queste organizzazioni perseguono i loro scopi facendo uso dell’intimidazione, della minaccia e della violenza. Uno dei principali veicoli dell’avanguardia mafiosa è la prostituzione organizzata. Infatti, anche recentemente, la Polizia cantonale ticinese ha riferito che, al seguito delle centinaia di donne straniere che esercitano la prostituzione sul territorio ticinese, si sono radicati anche piccoli gruppi di cosiddetti «protettori», ossia di sfruttatori che non esitano ad introdurre nel nostro paese la minaccia e la violenza come strumento di controllo del territorio. «Il Ticino è diventato il bordello della Lombardia» proclama il criminologo Michel Venturelli in una recente trasmissione radiofonica. E chi promuove pubblicamente la prostituzione nel nostro Cantone è sotto gli occhi di tutti.

Contro la violenza, quella spicciola e quella organizzata, la misura a corto termine è la certezza della pena.

 

*Avvocato e già Procuratore Pubblico

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